L‘Ablutofobia è la paura di lavarsi o bagnarsi e di entrare in contatto con prodotti per l’igiene personale. La parola “ablutofobia” deriva dal latino “ablutio” che significa “lavaggio” e “phóbos“, cioè “paura” in greco. È un disturbo d’ansia che rientra nella categoria delle fobie specifiche. Un’ attività come la doccia o il semplice e comune lavaggio delle mani innesca nel soggetto ablutofobico una forte e persistente sensazione di disagio associato a grande sofferenza. Questa paura patologica e irrazionale di lavarsi o bagnarsi era in passato associata principalmente ai bambini o agli adolescenti ma al contrario possiamo affermare che è un problema che coinvolge anche gli adulti. La fobia dell’igiene personale porta un importante disagio in chi ne è affetto divenendo in taluni casi terreno fertile per lo sviluppo di altri disturbi più o meno gravi. Con il tempo, l’ablutofobia può provocare gravi conseguenze collegate alla mancanza di igiene personale (disturbi gastrointestinali, infezioni, malattie della pelle ecc.), nonché un netto peggioramento della vita sociale, scolastica e lavorativa. Da quanto esposto emerge che l’ablutofobia è fortemente invalidante perché va ad interferire con le normali attività quotidiane, compromettendo per l’appunto i rapporti con il mondo esterno, spingendo il soggetto affetto all’isolamento.
Cause:
Le cause dell’ablutofobia non sono sempre facilmente identificabili tuttavia è possibile rintracciarle all’interno di alcune categorie così identificate:
- Esperienze negative/ eventi traumatici: Alcune persone possono sviluppare l’ablutofobia in seguito ad un’esperienza spaventosa o drammatica collegata all’acqua, come un annegamento o un incidente di un componente della famiglia avvenuto nella vasca o nella doccia. Il trauma può riguardare sia il soggetto in prima persona che persone a lui care.
- Fattori genetici: non si esclude che i soggetti ablutofobici abbiano uno dei genitori che soffre della stessa fobia
- Deterioramento o mal funzionamento cerebrale: lesioni, invecchiamento, patologie collegate al cervello.
Sintomi:
L’ablutofobia si manifesta in modo principale con disagio e senso di forte repulsione nei confronti dello stimolo fobico, ovvero il pensiero di farsi la doccia o più in generale di lavarsi. Per chi soffre di ablutofobia, qualsiasi situazione stressante o angosciosa correlata all’igiene e la paura che si innesca porta il soggetto a mettere in atto un comportamento di fuga/ evitamento. Il corpo del soggetto ablutofobico reagisce con un istinto di sopravvivenza che lo spinge ad allontanarsi dal potenziale pericolo, si innesca così una risposta emotiva molto forte e destabilizzante per la persona tanto da generargli una serie di sintomi fisici di tipo psicosomatico molto forti e invalidanti. L’ ablutofobia si traduce non di rado in una grave angoscia, che può trasformarsi in crisi d’ansia e attacchi di panico. A lungo andare tale sintomatologia può portare allo sviluppo di ipocondria, depressione e schizofrenia.
Tra i sintomi più comuni troviamo:
- Battiti accelerati
- Brividi e pelle d’oca
- Avvertire improvvisamente caldo o freddo
- Formicolio e prurito
- Nausea e/o vomito
- Mal di testa
- Difficoltà respiratorie
- Senso di svenimento o vertigini
- Confusione
- Senso di oppressione o di dolore al petto
- Aumento della tensione muscolare
Altre conseguenze negative dell’ablutofobia sono:
- Problemi relazionali: il soggetto ablutofobico si espone a causa della sua scarsa igiene, a problemi di accettazione sociale e va incontro all’esclusione e al rifiuto di altre persone
- Isolamento: questa condizione potrebbe portare il soggetto a sviluppare fobia sociale o all’agorafobia
- Disturbi dell’immagine corporea: Nel tempo, i sintomi ansiosi vengono attivati anche solo pensando alle situazioni che scatenano tipicamente l’ablutofobia e nei casi estremi possono portare alla depressione o alla schizofrenia.
Il soggetto sviluppando una forte ansia entra in un circolo dove pur riconoscendosi trascurato, mal odorante non riesce a trovarne la soluzione pertanto comincia a provare sentimenti negativi verso se stesso e il proprio corpo.
La diagnosi di Ablutofobia:
Se i sintomi dell’ablutofobia persistono da oltre sei mesi, per prima cosa ci si dovrà rivolgere al proprio medico di base il quale sarà in grado di definire se il paziente soffre di una qualche lesione o malattia fisica che potrebbe causare l’ablutofobia. Nel caso in cui il medico non dovesse riscontrare nulla di fisico, è allora possibile che si tratti di un disturbo d’ansia, in questo caso al paziente verrà consigliato di rivolgersi ad uno specialista della salute mentale. La valutazione e l’indagine iniziale non è semplice, soprattutto perché è necessario scoprire le cause scatenanti e l’entità del problema.
Il Trattamento:
I trattamenti più utilizzati sono:
Psicoterapia: L’obiettivo della psicoterapia è quello di indirizzare il paziente a razionalizzare la propria paura a gestire gli stimoli ansiogeni, affrontando i pensieri negativi che sono per l’appunto associati alla fobia del lavarsi, puntando al ridimensionamento dell’ansia e della negatività ad essa associata. In seguito utilizzando la terapia espositiva il paziente verrà invitato in modo graduale al contatto con l’acqua e al lavaggio. Entrando in contatto in maniera progressiva con il sintomo fobico il soggetto imparerà a contenere l’ansia scatenata dalla fobia.
Terapia farmacologica: La terapia farmacologica a base di ansiolitici e depressivi può essere prescritta con l’obiettivo di tenere sotto controllo i sintomi manifestati dal disturbo. Va specificato che l’utilizzo dei farmaci può calmare il problema momentaneamente ma non lo risolve in modo definitivo per cui è necessario associare un trattamento psicoterapeutico che spinga il paziente a cambiare il modo in cui pensa e risponde alle sensazioni ed emozioni che prova.
Bibliografia:
Caprioglio V., (2022), Non farti bloccare dalle paure, Edizioni Riza
Purgato A., (2006), Fobie. Le nuove ossessioni del XXI secolo, Castelvecchi Edizioni
Siracusano A., (2007) Manuale di psichiatria, Il pensiero scientifico editore
Summerscale K., (2003), Atlante delle fobie e delle manie, De Agostini